I tempi cambiano e le situazioni umane si evolvono, certo partono da radici, spesso, conosciute e leggibili, ma poi si trasformano. 

Pur ripetendo, in apparenza, se stessa in un’onda interminabile la Storia muta nelle sue particolarità. È piuttosto l’essere umano,  più che che le condizioni storiche, a ripetere immancabilmente se stesso., nei propri limiti e vizi. 

Resta , nella realtà tangibile, la sua tendenza a perpetuare strutture verticali, quasi che l’arcaico sterminio delle Società Gilaniche, abbia inciso sulla, cosiddetta, natura umana modificandola nel profondo in modo irreparabile. 

Certo la filosofia ci ha consegnato di volta in volta alcune utopie estremamente interessanti, così come hanno fatto alcune religioni nel loro aspetto originale (non modificato ed adattato dal potere a proprio uso e consumo), ma la stragrande generalità del pensiero condiviso, che ha prodotto strutture sociali, si è mosso da millenni nel solco della verticalità, dell’individualismo e della competizione. Così hanno fatto le grandi religioni, trasformandosi, sino a divenire strumenti primari del potere. 

Da questo, pur in una accezione sommaria, come può essere quella di un articolo su un blog, si deduce che non bastino le teorizzazioni materialistiche, che non modifichino la struttura verticale del rapporto di potere.

Se essa viene mantenuta nulla cambia ed il sudetto rapporto si riproduce pur in qualsivoglia contesto modificato  superando e bypassando qualsivoglia buona intensione. È argomento che abbiamo affrontato spesso, pur nei limiti ovvi su citati. 

È indispensabile quindi una modificazione delle premesse, anche e soprattutto spirituali che muovono il pensiero indirizzandolo in alveo piuttosto che in in altro. Premesse morali, etiche, valoriali che rendano altro, sul serio, il punto di vista da cui si opera e si produce il pensiero. 

In questo senso va ripensato il modello “progressista e progressivo”, non già costringendolo nella conservazione dell’ossatura generale della struttura, quasi essa fosse frutto di una evoluzione paritaria ed equa, ma semmai riconducendolo, appunto, a diverse premesse, anche e soprattutto spirituali. Al modo in cui si “vede” l’altro, ammesso che che di “altro” davvero si possa parlare. 

La premessa che produce il pensiero deve essere “negazionista” rispetto al sistema corrente ed al pensiero secolare che lo sorregge. La verità è che il pensiero culturale condiviso contemporaneo è un prodotto del potere, così come la sua narrazione storica e Teo-filosofica. Sia dato spazio, quindi all’Utopia, al pensiero altro, per produrre alterità ed alienità da questo sistema, da questa cultura condivisa. Solo così, producendo pensiero libertario e liberato, sarà reale l’accettazione di ogni altro, di ogni diverso, allontanandoci dalle esibizioni strumentali, finalizzate ed esteriori. 

Ci sarò un prezzo da pagare? Estremamente probabile, il potere ed il suo sistema non lasceranno campo senza difendere il proprio orto. Ci saranno roghi e berline? Sono cose che abbiamo già visto e vissuto, ma gli Spinoza ed i Giordano Bruno ci hanno insegnato che il pensiero può superare persino i roghi e le mordacchie. Il potere si difende così, da secoli, con più o meno violenza evidente ed a seconda delle latitudini e dei sistemi implementati.

Eppure,come spesso abbiamo scritto, questa scelta è necessaria, indispensabile… progressisva e realmente progressista, oggi il pensiero progressista può essere solo libertario, lo crediamo e lo condividiamo